Già coltivato almeno 3500 anni fa nell’America Centrale, per le grandi dimensioni della pianta e del frutto lo rendevano relativamente facile da coltivare, fu presto adottato come alimento base da molte altre culture americane. Gli Incas del Perù, i Maya e gli Aztechi del Messico, i mound builders (costruttori di tumuli) del Mississippi, i cliff dwellers (abitatori di ripari sotto roccia) del sudovest degli Stati Uniti, e molte tribù seminomadi del Nord e Sudamerica ricorrevano al mais come alimento base delle loro diete.
Il mais è tuttora la pianta commestibile fondamentale degli Stati Uniti anche se tre quarti del raccolto serve per l’alimentazione animale.
Colombo portò il granturco in Europa, e nel giro di una sola generazione era già coltivato in tutta la parte meridionale del continente. Il granturco o “ grano indiano” o “mais” è stato senza dubbio una manna per buona parte della specie umana, ma entro certi limiti è stato anche un flagello.
Tutti i cereali mancano di un importante amminoacido, la lisina, ma il granturco ne manca più degli altri, e per di più manca anche di triptofano.
A parte la quantità di proteine, nel mais anche la niacina è legata con un’altra molecola, e quindi una quantità di questa vitamina compresa fra il 50 e 80% non può essere assimilata dal corpo umano. Di conseguenza le persone che hanno come alimento principale il mais rischiano la carenza sia di proteine, sia di niacina.
In zone come l’Europa meridionale, e anche gli stati del sud degli Stati Uniti, dove il mais venne introdotto come alimento base, presto arrivò una nuova malattia: la pellagra.
Descritta per la prima volta come una speciale sindrome associata al consumo del granturco: piaghe arrossate sulla pelle, diarrea, debolezza, confusione mentale, e nei casi estremi una lenta degenerazione fisica e mentale. Il nome “pellagra” che significa pelle irritata, compare per la prima volta in una monografia del 1771 che descrive la malattia diffusa fra i mezzadri che vivevano di polenta.
Forse per questo motivo o perché ricordava periodi di carestia, le generazioni precedenti la nostra hanno considerato il mais un alimento di second’ordine e quindi per molti anni è stato utilizzato pochissimo nella panificazione anche se compare nella cucina tradizionale dei più disparati stati del mondo come:
Argentina nel “churrasco” (grigliata marinata), “puchero criollo” (manzo all’indiana), “mazamorra” (contorno di mais bianco), “pastel de cloclos a la crolla” (pasticcio rustico di granturco), “pastel de choclos” (torta di mais tenero), “humita” (minestra di mais fresco).
Brasile nel “croquetes de milho” (crocchette di mais), “manjubas fritas” (pesciolini fritti), “sopa de milho” ( zuppa di mais), “arroz com uvas passas e milho” (riso con uvetta e mais), “delicias de fuba” (focaccia di mais), “canjica” (budino di cocco e mais).
Thailandia nel “takaw kao pot” (budino di cocco e mais); simpatica analogia con il budino brasiliano, parliamo di popoli caratterizzati da tradizioni e culture diverse eppure simili nelle proposte culinarie, hoy man poo tord” (cozze fritte), gaeng chud kaopot aun” (minestra di gamberetti e mais).
URSS nel “blini” (crepes in antipasto), “sherpa kaimak” (zuppa di zucca e mais), “okroshka (con kvas)” (zuppa fredda con lievito e malto), “halim – bulamik” ( stufato di mais e carne).
Nella focaccia di mais paraguaiana oppure nella cucina regionale italiana dove il mais è presente nelle varie polente e anche come pane che era principalmente consumato,come gia detto, dal popolo e in tempo di carestia come alimento base.
Oggi la pianta del mais è usata per produrre un gran numero di materiali, commestibili o meno, di qualsiasi altro cereale. La farina di granturco è utilizzata per la produzione di “corn flakes”, per l’imbozzimatura dei tessuti e nei saponi.
Il mosto di mais si fa fermentare per produrre “bourbon” , alcool e acetone per uso industriale.